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Sei in: Home > Itinerari e Chiese > Duomo (Cattedrale di San Pietro)
Duomo (Cattedrale di San Pietro)
 
Dal Corso Lucilio, scendendo lungo via Garibaldi, si giunge alla piazzetta su cui prospetta la Cattedrale, dedicata a S. Pietro, edificata verosimilmente nel 1103 in età normanna e consacrata, a lavori conclusi, nel 1113. Nonostante le aggiunte e le trasformazioni subite, particolarmente nel XVIII secolo, l'edificio conserva nell'insieme la primitiva struttura romanica, determinata dall'origine schiettamente cassinese, con invaso basilicale tripartito, transetto allineato con tre absidi semicircolari e cripta che genera una sopraelevazione del vano superiore di alcuni gradini. La tradizione vuole che esso sia eretto sugli avanti di un tempio pagano dedicato a Mercurio o ad Erode. Tale ipotesi, che appare suggestiva, ma non di facile riscontro, non essendo stati mai effettuati saggi sistematici nell'area del monumento, non appare trovare conforto negli studi più recenti. I grossi blocchi di travertino, utilizzati nella muratura perimetrale, lungo le navate e la facciata, sono materiali di spoglio cavati dal teatro romano di Sessa. Per il resto della costruzione sono stati usati tufeli isodomici, disposti per superfici omogenee e compatte, "ritmicamente interrotte dalle monofore che danno luce alla navata centrale e a cui fanno da cornice fasce di marmo bianco con archivolti pensili. La muratura esterna della navata centrale viene pure segnata da una successione di svelte colonnine, che ricompaiono sulle pareti delle absidi quasi a sottolineare lo slancio verticale" (Venditti).
La facciata, che rivela elementi di origine lombarda nelle arcatelle cieche su mensolette, è preceduta da un portico, realizzato nel XIII secolo, con volta a crociera, a tre arcate su pilastri di spoglio, affiancate da antiche colonne con capitelli medievali, per metà figurati, per metà vegetali. Nei primi sono presenti arieti, leoni, draghi alati convergenti agli angoli con le proprie teste in comune (valga qui ricordare gli esempi di tal genere nella ex cattedrale di Carinola, Aversa, Otranto). A questo pronao si accedeva mediante gradini che furono eliminati quando si portò la piazza al livello attuale. Le arcate, di cui quella centrale lievemente acuta e quelle laterali a pieno centro, hanno cornici sostenute da sporgenti figure ferine. Nell'archivolto dell'arcata laterale di destra alle foglie d'acanto si alterano cornici rettangolari con entro clipei scene tratte dal libro della Genesi; in quello di sinistra si alternano rosette al fogliame. L'arcata mediana illustra scene legate alla vita di S. Pietro, che rimandano ai modelli dei mosaici di Monreale. Gli episodi sono basati sugli Atti degli Apostoli, i Vangeli apocrifi e la "Leggenda aurea" di Jacopo di Varazze. Nella cornice, che poggia a sinistra su una mensola con Sansone e il leone e a destra su quella con Licurgo avvolto tra i tralci, entro cornici di recinzione architettonica, si susseguono da destra: La guarigione dello storpio, Il peccato di Anania e Saffira, La guarigione di Enea, L'angelo che appare a Cornelio, Il ritorno di Pietro a Cesarea, Il martirio di S. Giacomo, L'imprigionamento di San Pietro e la sua liberazione, L'incontro di Pietro e Paolo, Simon Mago, La falsa decapitazione di Simon Mago, Il volo di Simon Mago.
Tra questi episodi e quelli dell'altro lato è una serie di figure di contadini con attrezzi, cesti con fiori e frutta, che simboleggiano i mesi dell'ano e, quindi, il fluire della vita nel tempo cristiano. Collegato con la datazione del portico è il bel finestrone centinato nella parte superiore della facciata come anche il rosoncino.
Sotto il portico si aprono tre portali: su quello mediano, affiancato da protomi leonine, è posto un architrave di reimpiego, in cui sono raffigurate, a bassorilievo, due pantere affrontate ad un vaso da cui sorge una vite, con alle estremità due rilievi (a destra un leone azzanna un quadrupede; a sinistra due figure a cavallo di draghi alati sono con i colli attorti tra loro). Su di essi poggia un archivolto decorato da fogliame e da figurette; alla sommità è una fitta rete di episodi legati alle vicende di Caino e Abele. Nella lunetta centrale, nel corso del Duecento, fu posto il pannello cuspidato in marmo con Il Cristo benedicente tra i SS. Pietro e Paolo su fondo musivo. I portali laterali presentano archivolti decorati da motivi fitomorfi e sostenuti da protomi leonine.
A sinistra del portico, sull'ingresso del portale dell'episcopio è presente un altro architrave di reimpiego, con al di sopra una archivolto con fregio vegetale "abitato", sorretto da grifi. Esso era parte della "porta canonica" che si apriva nella navatella sinistra, rimasta in funzione fino al XVII secolo, come anche l'altro ingresso, ancora ben conservato, verso la metà della navata destra.
I tre portali del pronao furono ricoperti di stucco e imbiancati con l'intervento del Caraccioli, che fece realizzare anche i due campanili a vela, rimasti in vita fino al 1953. Al vescovo Granata, invece, si deve la realizzazione di un parapetto sul portico, su cui furono collocate tredici statue in terracotta, raffiguranti La Vergine col Bambino e gli Apostoli. Parte di essere furono distrutte da cause naturali; le ultime vennero eliminate sul finire del secolo scorso dal Diamare.
L'interno è suddiviso in tre navate (di cui quella centrale più ampia) spartite da due colonnati. Le diciotto colonne di spoglio non sono tutte uguali tra loro per materiali e altezza. Anche le basi di tipo attico hanno altezze diverse. I capitelli sono in massima parte corinzi, tranne due dell'iniziale XII secolo (il nono della fila di destra e di sinistra) e due messi in opera nel XIII secolo (il quinto e il settimo della fila di sinistra). Le arcate a pieno centro, poggianti su colonnati, si concludono verso il fondo con i piloni della crociera, su cui s'imposta l'arco trionfale che immette nel presbiterio rialzato nel Settecento con una scala ad invito, in marmi policromi, ai lati della quale, nello stesso periodo, vennero aperti due nuovi ingressi simmetrici alla cripta, cui prima si accedeva dalle navatelle laterali. Un pavimento a mosaico è nella navata centrale. In esso, collegabile alla tradizione cassinese di derivazione bizantina, è il motivo decorativo principale, "costituito da una corolla di dischi di due grandezze tra loro alternati intorno al disco centrale e quattro dischi sugli angoli" (Pace), tra fasce monocrome ed altre costellate da disegni policromi. Pavimento, pulpito e candelabro del cero pasquale costituiscono il documento dell'intervento duecentesco. Gli ultimi due furono realizzati, sotto il vescovo Pandolfo (1224-1259), dallo scultore Pellegrino, autore di rilievi dell'archivolto centrale del portico, nonché del pannello nella lunetta del portale centrale. Il pulpito, che si rifà al modello salernitano ed è alloggiato, nel suo rifacimento settecentesco, sotto la sesta arcata, è costituito da una cassa rettangolare, decorata con elementi a mosaico geometrico e figure zoomorfe; esso è sostenuto da sei arcate a sesto leggermente ribassato su capitelli ornati da figure umane e tale ferine, poggianti sul giro superiore delle foglie d'acanto, sostenuti da altrettante colonne sorrette da leoni stilofori; il sesto leone guarda dalla parte opposta rispetto ai primi cinque.
Il lettorino, che è articolato in fasce verticali vivamente decorate, presenta nella base scolpita in rilievo un motivo caratteristico dell'area campana: la rappresentazione, sotto forma di una testa barbuta, dell'Abisso fra due figurette in atto di combatterlo.
Fra i pannelli musivi del lato est è rappresentata un'aquila che artiglia la testa di un uomo avvolto dalle spine di un serpente. Della scala originaria d'accesso erano parte le lastre a rilievo attualmente ancorate alla parete della navitella destra, in due delle quali è il tema di Giona, mentre in una terza compaiono due pavoni che si nutrono del contenuto di un vaso. Il candelabro del cero pasquale, posto accanto al pulpito, è costituito da una base cilindrica, istoriata a rilievo, con figure maschili e femminili separate tra loro da elementi vegetali, su cui s'innesta un fusto dalla triplice fascia musiva a spirale, interrotta da due anelli di rilievi figurati: nel primo è un Cristo in maestà, nel secondo sono vescovi e chierici.
Sul piano centrale d'ingresso è la cantoria dell'organo, realizzata nel 1850 dal vescovo Girardi per volontà di papa Pio IX che, in visita alla cattedrale con re Ferdinando II di Borbone, volle una migliore sistemazione dell'organo fino ad allora collocato sul pulpito.
Alla sinistra dell'ingresso è il fonte battesimale, con vasca ottagonale e copertura cuspidata, realizzata nel 1714. Più innanzi, addossato alla parete, è un altare del Settecento con ai lati lo stemma del vescovo Granata. Ad esso fa da "pendant" un analogo altare nella navatella di destra.
Nella navata mediana, al di sopra degli archi, tra gonfie mensole, sono cartigli sormontati da cornici mistilinee e una sporgente trabeazione, al di sopra della quale compaiono decorazioni intorno alle finestre, alternate nelle lunette a medaglioni circolari, e volte a botte lunettata, il che "richiama con le sue cornici polilobate, tanti esempi di coeve sale di ville o dimore patrizie dell'area napoletana" (Venditti). Tale apparato decorativo è il risultato dell'intervento promosso dal vescovo Caraccioli intorno alla metà del Settecento, con l'adattamento della chiesa ai nuovi canoni estetici del rococò, sostituendo il cassettonato ligneo, forse della metà del Cinquecento, che aveva mascherato l'originaria copertura a capriate con una volta ad incannucciata. Furono tompagnate quattro delle otto finestre originarie e le altre trasformate per ricavarne finestroni centinati, conservandone, però, all'esterno le cornici dell'arco, ornate da elementi decorativi romantici. Le navate laterali, su cui mons. Gherardini della Rosa aveva fatto elevare volte a crociera, furono ricoperte di stucco, dopo averne fatto scalpellare i blocchi in travertino delle pareti. Fatti smontare i cancelli musivi dell'epoca del vescovo Giovanni III, venne fatto avanzare il presbiterio in posizione sopraelevata, dotandolo di balaustra in marmo, con ampliamento del coro e realizzando nuove scale d'accesso alla cripta dalla navata centrale e addobbo di stucco settecentesco nella zona presbiteriale.
Nell'iniziale XII secolo la zona in questione doveva presentare, come la navata centrale e le laterali, la copertura del transetto a capriate, voltata poi in muratura, forse, tra il 1240 e il 1260, con crociera costolonata nella parte mediana.
Nella ristrutturazione settecentesca vennero eliminati i dipinti di antica fattura che ornavano le absidi laterali, cui furono addossati due altari con le rispettive pale: quella di sinistra raffigura il Trionfo dell'Immacolata di Gennaro Gamba; l'altra, di destra, l'Adorazione dei Magi è più tarda (1761) ed è di un artista che si firma "Eques Vinci". [A.M.V.]
Nell'ultimo decennio del XVIII secolo, dopo che era stata sostituita l'ara romanica da mons. Macedonio nel 1891 con un nuovo altare, lo stesso, in rame dorato e pietre dure, venne trasferito nel 1872 nell'abside mediana, da cui furono eliminate pitture dorate esistenti. Fu rivestita la parete di marmi policromi, ponendo ai lati di essa le statue in marmo di S. Pietro e Paolo e racchiudendo in una cornice di marmo il dipinto su tavolo di Marco Cardisco del primo trentennio del XVI secolo, qui trasferito dalla chiesa di S. Anna. [A.M.V.]
Salendo le scale in fondo alla navatella di destra, sullo stesso lato del presbiterio è la Cappella del Sacramento, decorata di stucchi settecenteschi, a pianta centrale e cupola con lanternino, rivestita nell'estradosso da embrici maiolicati, rimessi in opera nel 1978. Balaustra (del 1694) e altare sono in marmi policromi. Il paliotto decorato da girari e fogliame fu rifatto nel 1721. La cona ha un dipinto su tela di Luca Giordano, La Comunione degli Apostoli, assegnato dal Bologna al 1659. [A.M.V.]
A lato dell'altare, sulla parete sinistra, è la bella custodia in marmo dell'olio santo, che porta incisa sulla base la data del 1714.
La costruzione della Cappella del Sacramento venne avviata nel Quattrocento su un vano voltato adiacente la cripta, noto come cappella di S. Lucio, forse primo basamento dell'originario campanile, probabilmente mai completato. Essa sorse in sostituzione di una più piccola cappella, fatta erigere nel 1454 dal vescovo Giacomo de Martini sulla parte opposta della navatella sinistra. Sul lato sinistro del presbiterio è la nicchia di S. Leone IX papa, sorta nel 1883 in sostituzione del primitivo ingresso alla sagrestia ad opera del vescovo Di Caprio, che aprì quello odierno sullo stesso lato, ove è la dismessa cappellina di S. Girolamo. Questa, edificata nel Quattrocento, assunse funzione di passaggio alla sagrestia. Nella volta a botte sono affreschi deteriorati: al centro, in un tondo, è l'Eterno Padre e ai lati, in riquadri mistilinei, episodi che celebrano le figure del SS. Girolamno e Antonio abate. Sulla sinistra è il coro d'inverno, con alle pareti laterali gli stalli dei canonici. Sulla destra è la sedia episcopale con lo stemma del Diamare, sovrastata dalla cona marmorea con il dipinto su tela di S. Girolamo, opera forse di Fabrizio Santafede. (1650-1634). [A.M.V.]
Sul fondo dell'ambiente è l'altare dei primi del Seicento, qui trasferito con il dipinto citato dalla navatella destra del 1883. Il rivestimento settecentesco delle navatelle e della copertura del transetto fu eliminato nel corso dei restauri realizzati tra il 1987 e il 1981.
Lo stesso tipo di decorazione della cattedrale venne impiegato per la cripta (coeva all'invaso dell'iniziale XII secolo), caratterizzata da volte a crociera su venti colonne antiche, di cui dieci appaiono poste a reggere le volte a crociera, mentre le altre sono incastrate nelle pareti laterali, con capitelli di spoglio ionici, corinzi e medioevali. In essa compare un altare in marmi policromi, consacrato con la cripta dal Caraccioli nel 1769. Il pavimento in maioliche, legato forse agli schemi decorativi dei Chiaiese (Aceto, 1983), presenta motivi naturalistici, cartocci, vasi di fiori. Dinanzi all'altare, dedicato a San Michele, è l'iscrizione che ricorda la sepoltura del vescovo Macedonio. Sulla sinistra della cattedrale è il palazzo vescovile, rifatto nel 1470 da mons. Geraldini d'Amelia. Esso era caratterizzato da una serie d'ambienti ad un solo pianto voltati e addossati sul lato sinistro della chiesa, con copertura esterna a tetto disposta intorno ad un cortile. Il palazzo venne accresciuto di un secondo piano sotto i vescovi Rebalio e Gherardini, i cui nomi risultano inseriti sulle imposte delle finestre del piano superiore. [A.M.V.]

Testo tratto da
A. M. Villucci & A. M. Romano, Sessa Aurunca - un itinerario storico-artistico, Marina di Minturno (Lt), 1998
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